John Searle e Hubert Dreyfus e l’intelligenza artificiale

Il confronto tra John Searle e Hubert Dreyfus è particolarmente interessante perché, pur condividendo una critica profonda all’Intelligenza Artificiale forte, i due pensatori muovono da prospettive filosofiche diverse e pongono l’accento su aspetti distinti della questione.
John Searle, come abbiamo visto, contesta l’idea che una macchina possa davvero capire o pensare. La sua argomentazione si fonda sulla distinzione tra sintassi e semantica: i computer manipolano simboli seguendo regole formali, ma non comprendono il significato di ciò che elaborano. La mente, invece, è dotata di intenzionalità, cioè la capacità di riferirsi a contenuti, di avere credenze, desideri, pensieri orientati verso qualcosa. Per Searle, questa qualità non può emergere da un semplice programma: nessuna simulazione, per quanto convincente, potrà mai generare una coscienza autentica.
Dreyfus, dal canto suo, si muove su un terreno filosofico diverso, più vicino alla fenomenologia e all’esistenzialismo, e trae ispirazione in particolare da pensatori come Heidegger e Merleau-Ponty. La sua critica all’IA non si concentra tanto sul problema della coscienza o dell’intenzionalità in senso strettamente filosofico, quanto sull’errore epistemologico di fondo dell’intero progetto dell’Intelligenza Artificiale, ovvero l’idea che la mente umana funzioni come un insieme di regole, rappresentazioni simboliche e calcoli logici.
Dreyfus contesta questo presupposto alla radice: secondo lui, gli esseri umani non pensano come un computer. Il nostro rapporto con il mondo è corporeo, situato, pre-riflessivo. Non viviamo nell’astrazione di rappresentazioni mentali che traduciamo in azioni secondo istruzioni logiche, ma agiamo in modo intuitivo, spesso senza passare per alcuna deliberazione cosciente. Per Dreyfus, l’errore dell’IA è proprio quello di ignorare questa dimensione incarnata e pratica dell’intelligenza umana, cercando invece di costruire modelli mentali astratti e disincarnati, lontani dalla realtà dell’esperienza.
Dreyfus anticipa queste critiche già negli anni Sessanta e Settanta, quando l’IA simbolica era ancora all’apice del suo entusiasmo. Le sue opinioni, allora molto contestate, sono state rivalutate con l’emergere delle reti neurali e del machine learning, che proprio nel riconoscere il ruolo dell’esperienza e dell’adattamento non simbolico sembrano (almeno in parte) dare ragione al suo approccio.
Tuttavia, Dreyfus non crede che nemmeno queste nuove tecniche porteranno a una comprensione profonda o a una vera coscienza. Per lui, la mente umana non è imitabile semplicemente attraverso l’accumulo di dati o la sofisticazione degli algoritmi, perché essa è radicata in una forma di esistenza che è ontologicamente diversa da qualsiasi simulazione artificiale. È un’intelligenza che nasce dal nostro essere-nel-mondo, dal nostro agire situato e corporeo, non da una rappresentazione astratta.
In questo senso, possiamo dire che Searle e Dreyfus sono alleati critici dell’IA forte, ma lo sono per motivi diversi. Searle difende l’irriducibilità della coscienza e del significato soggettivo, e contesta la possibilità di produrli tramite il calcolo simbolico. Dreyfus mette in discussione l’intera impalcatura concettuale del cognitivismo, sostenendo che è proprio la concezione della mente come sistema simbolico a essere errata.
Dreyfus è, in un certo senso, più radicale: non si limita a dire che la coscienza non emerge dai simboli, ma che l’idea stessa di mente come sistema di rappresentazioni e regole è una costruzione sbagliata. L’intelligenza, per lui, è prima di tutto abilità pratica, non calcolo astratto.
In definitiva, entrambi rifiutano l’idea che un computer possa pensare come un uomo, ma lo fanno a partire da due tradizioni diverse: Searle viene dalla filosofia analitica della mente, Dreyfus dalla fenomenologia esistenziale. Entrambi, però, hanno contribuito a incrinare il mito dell’Intelligenza Artificiale come via maestra verso la mente artificiale — e lo hanno fatto in modo lucido, rigoroso e ancora oggi estremamente attuale.