RegularJohn
21-05-07, 17:22
"...Sono steso sul letto. Da solo, mio malgrado.
E' notte fonda e i lampioni, facendosi strada fra le tende della
finestra, combinano strani giochi di luci ed ombre.
C'e' una striscia dorata che quasi mi taglia in due, passa alla mia
destra e va a devastare il raccoglimento dei piccoli oggetti sparsi
sul comodino.
E rimbalzando nel muro sembra scindersi in piccoli vortici, dando
vita ai quadretti appesi.
Ma dall'altra parte, dove rimane pressoche' intatto il buio, si
muove qualcosa; forse la tenda, oscillando, proietta una quantita'
infinitesimale di luce in quell'angolo oscuro e lo pervade di una
dinamicita' inusuale.
C'e' qualcosa; nell'angolo c'e' qualcosa; qualcosa che si muove.
Vedo un altro piccolo fascio di luce che viene verso di me, come
un laser, e mi passa poco oltre la faccia, fermandosi sulla testa del
letto.
Un altro ancora che mi colpisce la mano e si incolla al letto.
Proprio cosi', si incolla, da' questa impressione.
Il movimento nell'angolo e' reale.
E' lento, inesorabile.
Ora c'e' anche un ticchettio che lo accompagna.
Un altro fascio di luce all'altra mano, e poi un altro ai piedi.
E poi un altro e un altro ancora.
E sempre questo senso di appiccicosa densita'.
Una forma scura si e' staccata dall'angolo.
Nera piu' del nero dell'oscurita'.
Si sta avvicinando.
Muovo la mano per accendere la luce, ma non ci riesco.
E' incollata al letto.
Come l'altra e come tutto il corpo.
Sono inondato da questi piccoli fasci di luce e scopro che anche
il primo, quello grosso, e' appiccicoso.
Tutta la stanza e' grigliata da strisce appiccicose.
La forma si avvicina ancora di piu'.
Vorrei fuggire ma non posso.
Sono imprigionato.
Ho paura.
Anzi, sono terrorizzato.
Un flash di consapevolezza mi si insinua nella mente.
Il ticchettio e' incalzante.
E' il mio cuore che batte all'impazzata, sembra che anche le pareti
si muovano a tempo con lui.
La forma e' sempre piu' vicina, riesco quasi a vederla.
No, non la voglio vedere, so cos'e' senza vederla.
Lo sapevo anche prima, quando i primi raggi mi stavano avvolgendo.
Ma l'avevo rifiutato. Non potevo crederci.
Mi stava costruendo la ragnatela intorno.
E ora e' qui vicino a me.
Mi sta salendo lungo il corpo.
Sto tremando a tempo col mio cuore.
Lui e' sul mio cuore.
Un grosso ragno inimmaginabile mi sta aprendo il petto, la' dove
c'e' il sussulto.
Sono impotente; uno spettatore impotente.
Non sento dolore.
E' una cosa strana, come se nel petto avessi un nettare dolcissimo
e la "cosa" me lo stesse succhiando con una cannuccia.
E sono sempre piu' leggero, svuotato.
Vedo il mio cuore portato in superficie, indifeso.
E in quello che ritengo essere un moto di compiacimento quasi umano,
la cosa mi guarda con i suoi occhietti dannati, grondanti di una
soddisfazione senza limiti.
E' come se in quell'occhiata mi mostrasse quello che sta per fare,
quello che io so gia' che fara', quello che ho sempre saputo che
avrebbe fatto.
E nel momento che i nostri occhi si incrociano colgo l'apoteosi
dell'orrore.
E' femmina, ha una faccia umana e conosco quella faccia.
Il mio cuore e' quasi del tutto fuori dal petto.
E mentre ancora batte, lei lo guarda con ingordigia e lo azzanna.
Questa volta il dolore e' forte, senza fine, ma il battito non si
spegne, il ticchettio non si placa, anzi c'e' un altro rumore.
Molto piu' acuto e lontano, ma sta arrivando.
Sempre piu' martellante
Sempre piu' familiare.
Sempre piu' presente.
Dio, la sveglia.
Sono le otto e una nuova giornata mi attende.
Sono sudato e appiccicoso.
Ho il lenzuolo attaccato al corpo.
Non riesco a capire se posso muovermi.
Dalla finestra entra la luce del sole.
Luce vera.
L'angolo e' vuoto, pulitissimo.
Mi guardo le mani aperte; si', le muovo, non e' successo niente.
Mi alzo faticosamente e l'occhio mi va ad una fotografia che ho
sul comodino.
Una fotografia dove c'e' il volto di una persona.
Una fotografia che mi procura uno strano formicolio in mezzo al
petto, al punto che devo ancora sentire con la mano se la' sotto c'e'
ancora qualcosa che batte e palpita.
Il cuore e' al suo posto, ma avverto un peso.
Come tutti i giorni prima di affrontare il mondo.
Forse e' meglio che vada a pisciare..."
E' notte fonda e i lampioni, facendosi strada fra le tende della
finestra, combinano strani giochi di luci ed ombre.
C'e' una striscia dorata che quasi mi taglia in due, passa alla mia
destra e va a devastare il raccoglimento dei piccoli oggetti sparsi
sul comodino.
E rimbalzando nel muro sembra scindersi in piccoli vortici, dando
vita ai quadretti appesi.
Ma dall'altra parte, dove rimane pressoche' intatto il buio, si
muove qualcosa; forse la tenda, oscillando, proietta una quantita'
infinitesimale di luce in quell'angolo oscuro e lo pervade di una
dinamicita' inusuale.
C'e' qualcosa; nell'angolo c'e' qualcosa; qualcosa che si muove.
Vedo un altro piccolo fascio di luce che viene verso di me, come
un laser, e mi passa poco oltre la faccia, fermandosi sulla testa del
letto.
Un altro ancora che mi colpisce la mano e si incolla al letto.
Proprio cosi', si incolla, da' questa impressione.
Il movimento nell'angolo e' reale.
E' lento, inesorabile.
Ora c'e' anche un ticchettio che lo accompagna.
Un altro fascio di luce all'altra mano, e poi un altro ai piedi.
E poi un altro e un altro ancora.
E sempre questo senso di appiccicosa densita'.
Una forma scura si e' staccata dall'angolo.
Nera piu' del nero dell'oscurita'.
Si sta avvicinando.
Muovo la mano per accendere la luce, ma non ci riesco.
E' incollata al letto.
Come l'altra e come tutto il corpo.
Sono inondato da questi piccoli fasci di luce e scopro che anche
il primo, quello grosso, e' appiccicoso.
Tutta la stanza e' grigliata da strisce appiccicose.
La forma si avvicina ancora di piu'.
Vorrei fuggire ma non posso.
Sono imprigionato.
Ho paura.
Anzi, sono terrorizzato.
Un flash di consapevolezza mi si insinua nella mente.
Il ticchettio e' incalzante.
E' il mio cuore che batte all'impazzata, sembra che anche le pareti
si muovano a tempo con lui.
La forma e' sempre piu' vicina, riesco quasi a vederla.
No, non la voglio vedere, so cos'e' senza vederla.
Lo sapevo anche prima, quando i primi raggi mi stavano avvolgendo.
Ma l'avevo rifiutato. Non potevo crederci.
Mi stava costruendo la ragnatela intorno.
E ora e' qui vicino a me.
Mi sta salendo lungo il corpo.
Sto tremando a tempo col mio cuore.
Lui e' sul mio cuore.
Un grosso ragno inimmaginabile mi sta aprendo il petto, la' dove
c'e' il sussulto.
Sono impotente; uno spettatore impotente.
Non sento dolore.
E' una cosa strana, come se nel petto avessi un nettare dolcissimo
e la "cosa" me lo stesse succhiando con una cannuccia.
E sono sempre piu' leggero, svuotato.
Vedo il mio cuore portato in superficie, indifeso.
E in quello che ritengo essere un moto di compiacimento quasi umano,
la cosa mi guarda con i suoi occhietti dannati, grondanti di una
soddisfazione senza limiti.
E' come se in quell'occhiata mi mostrasse quello che sta per fare,
quello che io so gia' che fara', quello che ho sempre saputo che
avrebbe fatto.
E nel momento che i nostri occhi si incrociano colgo l'apoteosi
dell'orrore.
E' femmina, ha una faccia umana e conosco quella faccia.
Il mio cuore e' quasi del tutto fuori dal petto.
E mentre ancora batte, lei lo guarda con ingordigia e lo azzanna.
Questa volta il dolore e' forte, senza fine, ma il battito non si
spegne, il ticchettio non si placa, anzi c'e' un altro rumore.
Molto piu' acuto e lontano, ma sta arrivando.
Sempre piu' martellante
Sempre piu' familiare.
Sempre piu' presente.
Dio, la sveglia.
Sono le otto e una nuova giornata mi attende.
Sono sudato e appiccicoso.
Ho il lenzuolo attaccato al corpo.
Non riesco a capire se posso muovermi.
Dalla finestra entra la luce del sole.
Luce vera.
L'angolo e' vuoto, pulitissimo.
Mi guardo le mani aperte; si', le muovo, non e' successo niente.
Mi alzo faticosamente e l'occhio mi va ad una fotografia che ho
sul comodino.
Una fotografia dove c'e' il volto di una persona.
Una fotografia che mi procura uno strano formicolio in mezzo al
petto, al punto che devo ancora sentire con la mano se la' sotto c'e'
ancora qualcosa che batte e palpita.
Il cuore e' al suo posto, ma avverto un peso.
Come tutti i giorni prima di affrontare il mondo.
Forse e' meglio che vada a pisciare..."