Viale
Racconto di Alessandro Casula

Il porto era vicino adesso. Sono stato sulla nave per dodici ore e mi sono divertito niente. Il porto era enorme, era strapieno di navi mercantili, mi ricordava il porto di Marsiglia di certi racconti, ma ancora vedevo affatto le puttane e i marinai con le maglie a righe azzurre e bianche e i foulard rossi. Ero stanco, annoiato certamente, irritato da un vecchio idiota agrigentino che non mi lasciava nemmeno un attimo lì sulla nave. Gli avevo mai dato a parlare, manco uno sguardo. Venne lui: “ Siciliano pure tu sei, è vero?” Gli dissi sì. Non l’avessi mai fatto! “Andiamo sul ponte, là c’è fresco, si sta bene, ‘sto bar mi piace poco.” mi disse e lo seguii. “ Il biglietto hai visto quanto costa, ragazzo? Mica siamo tutti ricchi qui! Sei venuto in vacanza, è vero? L’ho capito io, ragazzo, sei giovane, vestito bene e dormi in una cabina. Che ti pare? Mica siamo tutti ricchi! Io dormo lì, su ‘sta poltrona, vedi? Costa poco dormire lì, due lire per te, mica siamo tutti ricchi, ragazzo! Ci dicono che siamo tutti borghesi adesso, mica ci sono più i poveri, stiamo tutti bene, ci raccontano. E’ vero niente! Io scarico barili da quelle navi lì, le vedi? Barili pieni di sardine del baltico, dovresti sentire la puzza, figliolo, a te ti si torcerebbero le budella, mica sei un marinaio! Sei di un’altra pasta, un damerino.” E continuava così, senza sosta. Mi insultava, quell’idiota. Più la nave si avvicinava al porto, più mi insultava. Ci aveva poca ragione, ‘sto vecchio, e io ho smesso di ascoltarlo dopo un po’. Pensavo al porto, ai marinai coi baffi e le maglie a righe, alla ragazza che mi aspettava in quella città piena di luci. Altre cose, senza dubbio, migliori del sermone del vecchio. Finalmente la nave attraccò e quasi stavamo cadendo, io e l’idiota.
- Senti, ho fretta, gli dissi, ho un appuntamento, stammi bene.
- Hai un appuntamento? Con una femmina scommetto. Sei troppo giovane, sta’ attento, che puoi capire di femmine tu? Niente. Sei un ragazzo ancora. Ascoltami bene, quelle ti mangiano, ti sbranano e poi buttano il tuo cadavere dal molo.
- Mi hai avvertito, grazie, ma anche se sono giovane, mica sono stupido! La conosco bene quella lì, ci amiamo molto, che ti credi? Ci sto andando e vivremo insieme, non mangia nessuno lei.
- Va’, va’, io rimango qui per tutta la notte, se ti serve un lavoro...
Scendemmo insieme sul molo e ci salutammo lì, in mezzo a tutti i passeggeri che sciamavano, gridavano, si cercavano. Era lontano il mio appuntamento. Non troppo in realtà, cinque minuti in macchina, ma quindici a piedi. Ed io ero proprio a piedi, manco me la sognavo una macchina. Era proprio un bel porto, non c’era da discuterne, ne ho visti pochi di porti in vita mia, ma quello era proprio bello. Era grandissimo, non riuscivo manco a vedere dove finiva, c’era un sacco di gente, ma niente puttane e marinai con la maglia a righe. Marinai sì che ce n’era, ma nessuno aveva la maglia a righe e il foulard rosso. Puzzava di pesce marcio quel posto, e anche di piscio. Forse tanto bello alla fine non era...
Camminavo ed uscii dal porto. Entrai in città, una strana ed incredibile città era. Era piena piena di gente, le strade erano intasate, si riusciva male a respirare, figurati a camminare! Dovevo percorrere tutto quel viale immenso fino alla fine, ne avevo di strada da fare. Incrociavo facce sempre più strane, per me erano tutti marinai gli uomini, puttane le donne, era una città portuale e io me l’immaginavo così, popolata di queste due sole categorie di persone. Mi aveva detto che è una bella città, la mia ragazza, ma a me non pare affatto granché. E’ come tutte le altre città, né più né meno, credetemi. Certo, ha dei viali larghissimi, i negozi luminosi e pieni di roba per ricchi, i lampioni decorati che fanno un’affascinante luce giallastra, ma cos’ha in più di tutte le altre città? Niente di niente, parola mia. Solo la mia ragazza c’è in più, questo sì, ed è stato un buon motivo per arrivare fin qui e farmi ventiquattro ore di viaggio in nave che, beninteso, è stato snervante, specialmente per l’incontro con il vecchio scaricatore di porto.
Arrivai alla piazza davvero stanco e mi accesi una sigaretta. Era una larga piazza con una complessa fontana barocca al centro. Ai lati era piena di bar e negozi, tutti molto raffinati, di gran classe. Era un posto per signori, quello lì! C’era una gran folla, era piena di donne che portavano a spasso i loro bambini mentre facevano compere con le amiche. Erano delle gran signore, quelle lì, tutte con le loro pellicce di visone e i loro gioielli luccicanti. Sono in anticipo, diavolo! E sì, ma è meglio così, alla mia ragazza dà fastidio quando sono in ritardo e oggi voglio tenermela buona. E sì, è un gran giorno oggi. Erano mesi ormai che non ci vedevamo, io e lei. Vieni il 29 dicembre, mi aveva detto, ché festeggiamo il nuovo anno insieme, e vieni a stare da me, credo sia il momento ormai. Ero contento in quel momento, ma le dissi niente, solo va bene. Non ci sentiamo da un paio di settimane, non sono riuscito a contattarla affatto. ‘Sta cosa mi preoccupa, che se lo sia mica scordato? Lei non è certo il tipo, la conosco bene, è la mia ragazza da un anno ormai. Ecco, adesso è l’ora, starà arrivando, non ho dubbi. Magari un po’ ritarderà, lei sì che è sempre in ritardo, non io. Abita qui vicino, però, non se lo sarà certo scordato, è un giorno importante pure per lei...
Aspettai per un’altra ora, fumando una quantità enorme di sigarette, ma avevo sonno e volevo un caffè adesso. Entrai in un bar e bevvi un caffè bollente. Faceva freddo anche, pensavo che mancasse poco che si mettesse a nevicare e che l’acqua della fontana si gelasse di colpo, compresi tutti gli zampilli, anche quello che usciva dalla bocca del puttino centrale. Ma non nevicò mai e mai l’acqua si gelò.
Erano passate delle ore ormai e la mia ragazza veniva per niente. Ero preoccupato all’inizio, tutte le signore se n’erano andate nelle loro belle case e i bar e i negozi stavano chiudendo. Lei non veniva e io mi preoccupavo. Poi rimasi solo, ormai non c’era anima viva e tutto era chiuso. Smisi di preoccuparmi e iniziai a innervosirmi. Altro che ritardo! Mi aveva proprio piantato quella lì, n’ero certo ormai.
Abitava lì vicino, quindi andai a casa sua, magari si era solo dimenticata che venivo oggi. Imboccai una stradina tortuosa sul lato destro della piazza, finché non arrivai davanti casa sua. Era un piccolo palazzo di tre piani con una bruttissima facciata ormai logorata dagli anni, però era casa sua e al diavolo se era brutta! Citofonai e mi rispose una voce femminile rauca e assonnata:
- Buonasera, sono Edward, c’è mica Valeria a casa?
- Qua non c’è nessuna Valeria, ragazzo, quella lì se n’è andata due settimane fa. Ti serve una casa, figliolo? Sono la padrona, l’affitto, e ti faccio pure un buon prezzo...
- Grazie, non mi interessa.
Maledetta! Che fine ha fatto? Mi ha piantato, non c’è niente da fare. Iniziai a camminare stancamente per ritornare alla piazza. Ero pure senza valigia, avevo tutti i miei vestiti a casa sua. Adesso c’era proprio nessuno per strada, il viale che avevo percorso prima era desolato. Non c’era più nessun marinaio, né con la maglia a righe né senza, e nessuna puttana. Solo qualche viso smunto illuminato da quella dannata luce giallastra dei lampioni. Passavano poche macchine e faceva freddo, voleva dire che dovevo arrivare fino al porto a piedi e da solo. Mi sembrò infinito quel viale questa volta, c’era più l’entusiasmo di prima e manco la felicità.
Dal grosso cancello di ferro usciva l’ultimo camion carico di pesce, la guardia notturna stava seduta mollemente nella sua guardiola e non mi guardò nemmeno mentre entravo. Il porto ormai era spento. Molte navi erano salpate, altre erano vuote, i marinai erano tutti andati a divertirsi in città. Solo su una nave c’era ancora gente, un grosso peschereccio svedese arrugginito. C’erano diversi uomini che gridavano e scaricavano dei grossi barili di metallo che puzzavano di pesce marcio. Lì in mezzo c’era quel vecchio, l’idiota. Lo chiamai buttando una voce e alla seconda volta finalmente si girò. Si avvicinò con un certo sorriso sadico che mi piaceva niente e attaccò:
- Che ti avevo detto ragazzo? Sapevo che ti avrebbe fottuto quella lì, me lo sentivo! Sono vecchio e ‘ste cose le sento ormai. Perché sei venuto? Non hai dove andare?
- Voglio quel lavoro, vecchio.
- Bene, figliolo, inizia da quei barili. C’è dentro dello stoccafisso, la nostra cena, trattali bene.

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